Sanremo, 31 agosto 2022 – Alice, Claudio Baglioni, Gualtiero BertelliAngelo Branduardi, Fabio Concato, Giorgio Conte e Michael McDermott sono i Premi Tenco 2022, il riconoscimento assegnato dal 1974 agli artisti che hanno apportato un contributo significativo alla canzone d’autore mondiale. Le tipologie del premio sono due: per cantautori e per operatori culturali.
In questo anno particolare in cui ricorre il cinquantennale dalla fondazione del Club Tenco ne sono assegnati ben dieci.

I Premi Tenco 2022

ALICE

L’incontro con Franco Battiato ha decisamente segnato la sua carriera. Le collaborazioni con lui (e con il suo entourage) hanno prodotto canzoni rimaste nella memoria musicale italiana e, soprattutto, tedesca: in Germania ha conosciuto infatti un enorme successo, probabilmente superiore a quello riscontrato in patria. La sua frequentazione della migliore canzone d’autore italiana è stata costantemente dimostrata dalle interpretazioni di brani di De André, De Gregori, Guccini, Gaber, Fossati e del duo Battisti-Pannella. Una serie di collaborazioni che l’hanno meritatamente portata all’assegnazione di questo Premio Tenco.

CLAUDIO BAGLIONI

Di raffinata scrittura musicale, Claudio Baglioni, sin dalla fine degli anni Sessanta ricerca attraverso la canzone quell’attimo di eterno che tramite l’arte sappia descrivere la vita, per “battere il tempo a tempo di musica”. Ha cantato le storie minime che sono di tutti e i grandi temi dell’uomo, quando con la sua Trilogia dei colori ha cercato risposte a domande universali. Suo il disco italiano più venduto di sempre (La vita è adesso), sua la canzone del secolo (Questo piccolo grande amore), e una ricerca continua nei live, fino all’evento totale al Teatro dell’Opera di Roma. Suo il ponte umano costruito con O’Scia, a Lampedusa, lì dove serve essere presenti, dove la musica si fa canto, fiato, afflato, reale mano tesa verso l’altro.

BÉNABAR

Brillante artista della ‘nouvelle chanson française’, ha cantato e continua a cantare, con sensibilità e leggerezza, il disagio di tutte le età e di tutte le origini: da quello adolescenziale ai mali del mondo prodotti dall’effetto farfalla, per cui se il grande finanziere prende un raffreddore è l’operaio che tossisce. Ma ha anche cantato, con grande trasporto, energia e ironia, l’amicizia, l’allegria e la gioia di vivere. Nonché la sottile e inclusiva arte di essere francesi. Lui, figlio di madre italiana. Chapeau.

GUALTIERO BERTELLI

Con la chiusura di industrie e di cantieri, negli anni ’60 la classe operaia veneziana spariva dal centro storico e a poco a poco la città si trasformava in un suk per il turismo più selvaggio. In italiano, e soprattutto in dialetto, Gualtiero Bertelli è stato, ed è ancora, il cantore di questa metamorfosi con canzoni di lotta e con storie di ordinaria e proletaria vita quotidiana tra acqua alta, disoccupazione, condizionamenti culturali e religiosi. Quasi a mostrarci come le sue “barche de carta” della fantasia siano state, purtroppo, solo le navi-grattacielo entrate in laguna.

ANGELO BRANDUARDI

Arrivato al Tenco ’74 come giovane promessa della canzone italiana, nei dopo-spettacolo e con l’allora inedita Confessioni di un malandrino mostrò subito di essere già molto più di una realtà. E, primo cantautore a trionfare anche al di fuori dei confini nazionali, nel giro di pochi anni, aveva già conquistato l’intera Europa. Ha evidenziato Il suo profilo internazionale musicando, con grande sensibilità, trovatori medioevali, testi tradizionali yiddish, Dante, Francesco d’Assisi, Esenin, Vysotskij, Yeats, Shakespeare, Che Guevara, nonché tanta poesia anonima asiatica e africana e americana.

FABIO CONCATO

Negli anni Trenta il “filone dell’allegria” era composto da canzoni stilisticamente derivate dal jazz, musicalmente raffinate e caratterizzate da testi agili e smagati. Venne osteggiato dal regime, ma guadagnò progressivamente il favore popolare. Negli anni Settanta e Ottanta, le canzoni di Fabio Concato hanno cominciato a rappresentare una versione aggiornata di quel genere. Fortunatamente nessun regime culturale ha potuto emarginarle.

GIORGIO CONTE

Da Fellini a Pupi Avati, tanti registi italiani hanno dimostrato come sia possibile cantare la nostra provincia senza risultare provinciali, ma con uno sguardo internazionale. Felinamente sornione, Giorgio Conte si è dapprima imposto come autore di canzoni che, pur essendo destinate ad altri interpreti, erano caratterizzate da un microcosmo narrativo del tutto originale. Con l’aggiunta della propria voce ha conferito a questo repertorio un’inconfondibile dimensione poetica, raggiungendo un pubblico europeo particolarmente sensibile a tanti valori ambientali non eclatanti.

GIANCARLO GOVERNI

Appassionato di spettcolo in tutte le sue forme, come giornalista e autore televisivo ha svolto un continuo apostolato di ogni attività di cui si è interessato il Tenco: la canzone d’autore, la canzone popolare, il fumetto. Ha fondato e diretto la collana folk della Fonit Cetra, ha curato speciali televisivi su tutti i principali cantautori, ha dato vita con Guido De Maria a Gulp! e a Supergulp! Ma, soprattutto, come capostruttura ha portato nel 1976 la RAI al Tenco facendo in modo che le trasmissioni sull Rassegna facesse parte dei palinsesti nazionali. Non solo, ma dando anche un suggerimento ad Amilcare Rambaldi: “fidati, prendi questo giovane sconosciuto, è il Sordi di domani”. Quel giovane si chiamava Roberto Benigni.

MICHAEL MCDERMOTT

Se scegli di fare la rock-star potresti non avere vita facile, anche se un maestro di best-seller come Stephen King dice di te che sei “forse il più grande talento del rock and roll da scoprire degli ultimi vent’anni”. Come tale si segnala subito, all’inizio degli anni ’90, ma le complicazioni esistenziali sono in agguato: droga, alcool, vita notturna vagabonda per il St. Paul’s Boulevard della natale Chicago. Poi un lento e faticoso reinserimento e il ritorno a una dimensione artistica che conferma il giudizio di Stephen King. Venticinque album in cui racconta sé stesso, la sua famiglia e le persone che hanno attraversato la sua vita, di cui proprio St. Paul’s Boulevard è la testimonianza più recente.

JURIJ ŠEVČUK

La storia sovietica e russa negli ultimi quarant’anni ha compiuto giravolte violente, e una delle poche costanti è stata la voce di Jurij Ševčukche ha denunciato la brutalità delle guerre, l’ingiustizia delle rivoluzioni, lo squallore della dittatura. Un esempio di coerenza e coraggio, una voce che ha assorbito e trasmesso il messaggio più libertario e ribelle del rock e la profondità e il dolore più intenso della tradizione della poesia russa, Jurij Ševčuk è una leggenda vivente per quattro generazioni di russi, l’uomo che alla domanda del presidente Putin “Ma lei chi è?” ha risposto semplicemente: “Sono Jurij, un musicista”.

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